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Si allungano i tempi per la conclusione del processo bis riguardante il sequestro e l’omicidio di Cristina Mazzotti, la diciottenne trovata senza vita nella discarica del Varallino di Galliate il 1° settembre 1975, dopo due mesi di prigionia a Castelletto Ticino.

Mercoledì, in Corte d’Assise a Como, la pm Cecilia Vassena ha depositato centinaia di pagine di integrazioni documentali, scatenando le proteste delle difese, in particolare dell’avvocato Maurizio Antoniazzi, legale di Demetrio Latella, il 71enne soprannominato «Luciano» e residente nel Novarese. Latella è accusato perché un’impronta digitale sua fu trovata sulla Mini su cui viaggiava Cristina, identificata solo nel 2006. Antoniazzi ha denunciato l’eccesso di atti prodotti a ogni udienza, impossibili da analizzare in tempi brevi.

Gli altri due imputati sono Giuseppe Calabrò, 74 anni, e Antonio Talia, 73, entrambi del Reggino. Le difese contestano i tempi stretti per esaminare la documentazione, e il processo è stato rinviato al 2 luglio per poi proseguire in autunno.

Il pm ha sottolineato come tali indagini siano indispensabili per fare chiarezza. Il processo ha rivelato anche dettagli storici sui rapimenti legati alla ’ndrangheta, grazie alle testimonianze di alcuni pentiti. Tra questi, Antonino Cuzzola ha raccontato gli ultimi momenti della vittima, spiegando che dopo le sue proteste furono somministrati troppi calmanti, causando la morte di Cristina.

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