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Cresce la preoccupazione per Ahmadreza Djalali, ricercatore iraniano-svedese e cittadino onorario di Novara, prelevato il 23 giugno dalla sua cella nel carcere di Evin (Iran) dopo i bombardamenti israeliani. Da quel momento non si hanno più notizie. Secondo l’associazione svedese Edelstam Foundation, Djalali è stato portato via insieme ad altri detenuti con l’ordine di raccogliere i suoi effetti personali ed è ora in isolamento, senza contatti con l’esterno.
Arrestato nel 2016 con l’accusa di essere una spia del Mossad, Djalali è stato condannato a morte in un processo denunciato da Amnesty International come gravemente viziato: le confessioni sarebbero state estorte sotto tortura. L’esecuzione, inizialmente prevista per il 2020, è stata rinviata più volte, ma la condanna è divenuta definitiva nel 2022.
L’isolamento improvviso e il trasferimento in un luogo ignoto alimentano timori, ma anche qualche speranza, secondo le associazioni che seguono il caso: potrebbe trattarsi di una revisione del procedimento o dell’effetto delle pressioni diplomatiche internazionali.
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